aNDREA SEGRE

Il Sangue Verde

Intervista

di Lily PARMINTER, traduzione di G.Francioni

 

 

LP È evidente che lei è molto interessato in questioni d’ingiustizia sociale; ma perché a scelto il caso di Rosarno, sicuramente non un caso isolato nel territorio italiano?

 

AS A Rosarno sono successi questi eventi di scontro, sono successi a Rosarno  nel Gennaio di quest’anno ed erano già successi gli altri anni. Comunque, Rosarno è da sempre un luogo dove si coltivano le arance  e la piana? Di Rosarno è una piana molto fertile dunque c’è molta coltivazione. Nelli ultimi anni diciamo nelli ultimi quindici anni la mano d’opera italiana è stata sostituita per la mano d’opera straniera e un po’ perché gli italiani giovani non lavorano più è un lavoro molto faticoso, molto difficile; e un po’ perchè i prezzi de le arance sono scesi perché il controllo da parte dalla ‘ndrangheta che è la mafia che sul mercato dalla distribuzione di arance a fatto scendere i prezzi: i proprietari dei terreni guadagnano di meno e vogliono pagare di meno ai lavoratori. Allora i lavoratori stranieri sempre accettano anche i salari più bassi dei lavoratori italiani, quindi sono aumentati il numero di lavoratori stranieri; nello stesso tempo si è scatenata nel confronto dei lavoratori stranieri una azione di intimidazione di parte dalla mafia che è il modo in qui la mafia contromano il territorio. Se conosci un po’ il sud d’Italia è quello, il meccanismo è fare paura, fare crescere paura perché così poi tu puoi controllare. E questo è quello che hanno fatto anche nei confronti dei lavoratori africani. E dal 99’- 98’ che lo stato non ha mai reagito a questa situazione ed è stato in silenzio per tanti anni. Quando l’anno scorso si è ripetuto l’ennesimo atto di violenza loro hanno scelto di conquistare con forza, spaccando vetrine, spaccando macchine e mettendo in scena la rabbia. Questo è successo allora la televisione si è accorta, quando sono successi gli scontri e i “riots” la televisione si è accorta, prima era silenzio. E allora, a quel punto c’è stata attenzione mediatici. Che è sfociata in una risposta politica pero molto bassa, purtroppo una risposta politica di dire li mandiamo via ed è risolta così. Allora, venti giorni dopo, io lavoro su questi temi è la mia specialità da diversi anni, venti giorni dopo io ho sentito la urgenza di andare a incontrare alcuni di questi ragazzi, a alcuni già conoscevo perché avevo già lavorato con loro. E lì dare a loro la possibilità di raccontare con un po’ più di calma, interviste lunghe che diventano anche un po’ dei monologhi anteriori in alcuni momenti, in momenti in cui una persona riflette su quello che li è successo al tempo, al momento l’occasione per riflettere. E che raccontano solo quello che è successo.

Dopo la linea della funzione mediatica dei giornalisti.

 

LP Hai detto che alcuni di loro li conoscevi da prima, ma è stato difficile convincerli a partecipare nel tuo documentario. Quando sei arrivato dicendo “facciamo questo film” come hanno risposto?

 

AS Allora, ci sono tre motivi per cui non è stato difficile. Anzi è stato facilissimo rispetto al normale percorso di definizione d’un film, in quel caso è stato invece velocissimo. Perchè l’abbiamo girato in dieci giorni- dodici giorni; anzi io non volevo neanche  fare un documentario, io ero andato a incontrarli per raccogliere interviste e fare un sopraconto. Quando li ho incontrati ho capito che loro avevano l’urgenza pazzesca e allora lì per lì ho semplicemente capito che mentre ero lì dovevamo iniziare, dovevo iniziare subito.

Il motivo per il quale è stato così facile sono tre. Uno perché avevano una urgenza, voglia, bisogno di raccontare il loro punto di vista rispetto una vicenda che era stata mediatizzata, raccontata  e strumentalizzata politicamente senza coinvolgere il loro punto di vista

 

04:09:2010