INTERVISTA A MARCO MULLER
(direttore del Festival di Locarno 2000)
sul tema L'ORGANIZZAZIONE DI UN FESTIVAL


KINEMATRIX: Cosa farebbe se dovesse diventare Direttore della Mostra del Cinema di Venezia?

MARCO MULLER
: "Guardi, in qualità di "fabbricante di festival" da almeno vent'anni, credo sia giusto impostare l'edizione di un festival non solo sulla base dei risultati, ma anche, se non soprattutto, sulla base dei problemi che l'edizione precedente ha messo assieme. Bisogna partire sempre dalle risposte che è necessario dare a tutte le domande lasciate aperte. Credo che da diversi anni a questa parte rimanga aperto, per Venezia, il problema del panorama italiano: come "sistemare" i film italiani all'interno della programmazione della Mostra? L'anno scorso sono stati due, paradossalmente, i grandi festival che hanno abolito la rassegna di film italiani: da un lato Venezia e, dall'altro, Cannes. Io credo che sia senz'altro vero che il modo migliore di "tirare su" visibilità e interesse attorno al nostro cinema e rivendicare l'importanza di alcuni film sia quello di POSIZIONARLI bene. Un altro problema è quello del NUMERO dei film della selezione italiana. Se partiamo dall'assunto che, anche in base alla disponibilità di sale alla Mostra, i film selezionati-in generale-sono troppi, occorrerebbe organizzare meglio l'operazione di scelta dei film italiani. Ragionando molto serenamente: se ci sono 100 film a Venezia ed escludendo i giorni di apertura e chiusura della Mostra (solitamente con un solo film a testa più i cortometraggi), rimangono nove giorni utili, il che significa undici/dodici pellicole al giorno… A questo punto, non si capisce perché tre o quattro di questi non dovrebbero poter essere italiani! Ma, allo stesso tempo, ecco che si propone il problema di dare, appunto, la giusta visibilità ai nostri film più importanti, che rischiano di rimanere schiacciati in un panorama che vuole avere la possibilità di uno sguardo a 360 gradi sulla produzione mondiale. Il problema andrebbe risolto, secondo me, individuando alcune linee d'intervento e bisognerebbe capire, innanzitutto, CHE OPZIONI DI CINEMA LA MOSTRA DI VENEZIA DIFENDE, cosa che, ancora, non mi è molto chiara. Ovvero: LA MOSTRA DI VENEZIA DEVE DIVENTARE IL "SUNDANCE" EUROPEO? IO CREDO PROPRIO DI NO! La Mostra deve camminare sulla politica "delle due gambe", cioè ACCOMPAGNARE NEL MIGLIOR MODO POSSIBILE I FILM PRODUTTIVAMENTE PIU' GRANDI, quelli originati da uno sforzo economico maggiore, sia per cast che per regia etc., e contemporaneamente SOSTENERE I FILM MINORI, di registi più giovani o con budget ridotto. Se partiamo da questi presupposti, non possiamo negare che ci sia stato un certo "zoppicamento", perché è innegabile che per proteggere il più piccolo, il più giovane, ci vuole necessariamente il più grosso. A questo proposito, l'anno scorso ho detto, molto cordialmente, ad Alberto Barbera che stavo invitando per la selezione in Piazza Grande a Locarno il film di Campiotti e se, per caso, fosse sicuro di non volerlo rivedere a Venezia, perché io, per il bene del film, ero disposto a rinunciare alla selezione. Mi spiego: esistono due categorie di festival, al giorno d'oggi. Quelli che servono alla promozione del film presentato e quelli che sono solo una grande macchina autopromozionale. Barbera proviene da Torino e, quindi, è chiaramente nella prima categoria e le incertezze di quest'anno, semmai, possono essere imputate solo alla sua generosità. Peraltro sarebbe opportuno, senza nulla togliere all'angolazione di nuovo cinema che Barbera ha scelto, ragionare per il futuro su questa doppia possibilità: insistere sugli autori e i filoni, subito individuabili come i punti di forza del cinema italiano contemporaneo (l'anno scorso il film di Bertolucci poteva benissimo stare in concorso, ad esempio, mentre il film di Zanasi poteva starci solo se fosse stato possibile difenderne la specificità e la singolarità, creando attorno una sorta di "contesto", che invece non appariva), dall'altra, appunto, presentare i "minori" e i nuovi solo se possibile contestualizzarli e proteggerli. Facciamo un altro esempio,sempre relativo all'edizione dello scorso anno: UN UOMO PERBENE, di Zaccaro, sul caso Tortora, rappresentava senza dubbio un CASO, un film talmente importante da dover organizzare attorno ad esso una tale attenzione che,di riflesso, anche il palinsesto degli altri film italiani doveva essere ridefinito, proprio in modo tale da fare spazio a questa opera in un giorno specifico, poniamo, deputato alla visione di quel solo film nazionale. E' stato certamente un problema avere (e per di più entrambi fuori concorso) lo stesso giorno UN UOMO PERBENE, IL DOLCE RUMORE DELLA VITA (Bertolucci,n.d.r.), che seguivano a ruota A DOMANI (Zanasi)! Ogni film deve avere l'ossigeno di cui ha bisogno e si tratta di trovare questa CAPACITA' di darglielo. Rischiando la provocazione, direi che lo spazio attorno a opere di questo tipo deve essere tale da portare al massimo l'attenzione a livello mediatico, il tutto, sempre e comunque, riuscendo a non far male agli altri film. Bisogna creare il tessuto connettivo attorno ai film, di qualunque tipo, in modo che, invece di bastonarsi, si aiutino l'un l'altro! C'è poi un'altra cosa che va detta: noi di Locarno (che con Berlino è l'evento più importante del settore dopo Cannes, visti anche i 180.000 spettatori totali di una singola edizione), sosteniamo effettivamente i film, anche dopo la grande "esposizione" che riusciamo a garantire loro durante la rassegna. Anche nel '99, infatti, abbiamo portato i film, o almeno alcuni, a Milano, nell'ambito di "FRONTIERA", che è la nostra vetrina italiana organizzata insieme all'AGIS. Bene: la dimostrazione del fatto che questa sorta di "protezione" funziona, ci è stata fornita,in maniera eclatante, dal fatto che ogni giorno, in occasione delle proiezioni di un film italiano e uno straniero in coppia, cioè nella stessa serata, incredibilmente c'erano molti più spettatori a seguire i nostri prodotti rispetto agli altri film! L'idea di una esterofilia dello spettatore italiano medio va rivista, quindi, alla luce del fatto che, in ogni caso, l'immagine del cinema italiano giovane va completamente ricostruita, partendo anche dal fatto che non si può essere d'accordo con quella stampa per la quale trent'anni fa i registi tra i trenta e i quaranta erano di gran lunga più maturi di quelli odierni…"

KMX: …a questo proposito, generazionalmente parlando, qual' è la sua personale posizione riguardo ai nomi nuovi del nostro cinema e se intravede qualche,diciamo così, "autore" tra di essi?

MM: "Beh, a questo punto, anche se da produttore non dovrei esserlo, occorre che io prenda una posizione ecumenica…cioè: più che indicare un gruppo di questo tipo o sottolineare la distinzione in gruppi geografici di maggiore o minor valore (Milano, Roma e Napoli/Palermo) in quanto ad ambiti produttivi, mi interessa valutare la SUDDIVISIONE PER DIMENSIONE PRODUTTIVA DEI VARI FILM ITALIANI. Ovvero, c'è ancora qualcuno che dice di poter fare un film con meno di un miliardo e mezzo, chi tra questa cifra e cinque miliardi e chi dice, alla romana, "con meno di cinque miliardi manco me trucco!!!!!"

KMX: Però, effettivamente ed inevitabilmente, la differenza nello sforzo produttivo induce uno stile di regia che può,diciamo così, "diversificarsi" anche in quanto a valore artistico…

MM: "Certo! E il bello è che il pubblico stesso capisce quanto sia importante il problema, dal momento che, sempre parlando dell'edizione dello scorso anno del mio festival, nei discorsi fatti dopo le proiezioni, potevi cogliere l'intuizione dei diversi esiti dei film di un Campiotti, che fa del cinema classico nel miglior significato della parola e,come tale, di grande sforzo produttivo, di un Virzì
, che se ne sta a metà, e di uno Stefano Incerti, che rientra nella fascia più "bassa". Da un cinema narrativo a tutto tondo, che non scade nei tranelli del neoromanticismo, e che riesce invece quasi a definire una storia e una nuova categoria dei sentimenti amorosi,ma costringe allo stesso tempo a pensare, invece di lasciarci indifferenti come davanti a certi drammoni strappalacrime, ad un cinema povero, ma pieno di sperimentazione e originalissimo come quello di Stefano Incerti: il cinema della modernità che, però, con una "intelligenza" delle nicchie produttive, se ne viene fuori con un prodotto crossover. Cioè, lui fa il film che vuole fare, ma riesce anche a renderlo più accessibile. E poi c'è Virzì, che dice: io non voglio riproporre stancamente la commedia all'italiana, ma proporre qualcosa di nuovo che, semplicemente, assomigli alla commedia nostrana. Lui che già in OVOSODO aveva dimostrato come si potesse innestare su di un impianto classico vicino a schemi noti, tutta una serie di riferimenti precisissimi alla storia politica del nostro paese. E così BACI E ABBRACCI può essere un film ANCHE sull'economia politica italiana, per usare un paradosso! Il film ha quindi il grande pregio di fare anche "informazione", perché spiega effettivamente come cambia l'Italia e può essere uno straordinario veicolo per la comprensione delle nostre cose presso il pubblico di altri paesi".

K
MX: Il problema è che ci sembra che, a Venezia '99, sia mancato proprio questo: nessun prodotto è un crossover, perché dalla "visualità" un po' fine a se stessa di un Guadagnino (THE PROTAGONISTS), si passava bruscamente al "solo politico" di uno Zaccaro…

MM
: "Mah, vedi… questo dipende anche dal fatto che Barbera è sempre stato un grande idealista e non possiamo non considerare che era comunque al primo anno… ma lì i problemi sono endemici, anche per una questione di tempi che strozza la Mostra, dal momento che i budget reali si chiudono a fine novembre, per cui un direttore ha in pratica appena due mesi per pensare l'edizione successiva della rassegna! Come fai in questo lasso di tempo a prevedere tutti i problemi dell'anno successivo? A Venezia bisognerebbe ripensare un po' tutto, compreso il numero delle sale, magari… spostando qualcosa a Venezia centro storico… altrimenti il posizionamento di certi film diventa impossibile, complice anche il fatto che i titoli maggiori devono comunque essere presentati tot volte e in sale piuttosto grandi. Ma, rimanendo così la situazione, come si fa a non rimanere "incartati" in tutti questi vincoli e complicazioni? Finchè un film come THE PROTAGONISTS, che magari noi non eravamo interessati ad avere a Locarno, ma che conteneva delle specifiche valenze di prodotto d'avanguardia , non viene proposto in una sezione in cui spicchi tra gli altri e che sia specifica per quel tipo di cinema, non cambierà nulla! Se i contenitori tematici rimangono quelli…."

KMX: La sua esperienza alla direzione di festival minori, come ad esempio Pesaro anni fa, può servire come bagaglio di suggerimenti utili?

MM: "Certo, anche se lì, magari, questa politica delle due gambe non era così necessaria. Però le mie retrospettive sugli anni '60 e '70, per come erano organizzate, non puntavano ad un cinema da cartolina fermo nel tempo, bensì ad una riscoperta attiva: guardate che, se ciò è stato possibile fino all'altroieri, non si vede perché non debba succedere ancora! Ma questo non è riproponibile a Venezia, anche se a Locarno '99 la mia retrospettiva su Corman, Joe Dante e i cormaniani (Scorsese, Demme, Cameron, Coppola… n.d.r.) puntava a far capire come, pur in ristrettezze economiche spaventose, si riuscisse a fare sempre qualcosa di propositivo e innovativo, mentre non si capisce perché un regista alla sua opera prima, oggigiorno, possa permettersi di rifiutare quelle stesse condizioni!"

KMX: Potrebbe aver senso un'esperienza come quella della New World di Corman in Italia,oggi?

MM: "Se torniamo al discorso dei tre contesti produttivi, allora sì, come laboratorio per registi che devono farsi le ossa, ma che, per un certo numero di anni, devono essere disposti ad accettare quelle ristrettezze, producendo un bel po' di opere di cassetta, di serie "z", di film "da drive in ", come quelli cormaniani, per poi venir fuori con basi solidissime e pronti a entrare nel mercato ormai smaliziati, avendo anche toccato tutti i generi e sopportato tutti i divi che avrebbero rincontrato anni dopo una volta diventati, anche questi, delle star…"

KMX
: Registi che poi sono riusciti nell'impresa di piegare la macchina produttiva americana ai loro progetti e loro esigenze (Cameron-TITANIC; Demme-IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, etc. - n.d.r.)… A questo proposito, ancora complimenti per la sua retrospettiva su Joe Dante e la New World!

MM: "Grazie e arrivederci!"