“Con sollievo, con umiliazione, con
terrore, comprese che era anche lui una parvenza, che un altro stava
sognandolo.”
Il miracolo segreto 1
1944, Jorge Luis Borges.
Matrix è stata ricaricata: il programma che rende virtualmente possibile una
vita umana accettabile nel 2199, ha ripreso vita negli incubi informatici
dei fratelli Wachowski. Lontana anni luce dalla Matrix del primo episodio
della Trilogia, i Wachowski Bros, medesimi autori della sceneggiatura delle
tre Matrix, hanno preso le distanze da quel sogno tecnologico che inondava
gli schermi di caratteri giapponesi al contrario ed in verticale, di un
verde luminescente. Baudrillard e i suoi
"Simulacra and Simulations"2, libro in cui Neo nascondeva
i dischetti, mentre la pagina apriva all’ultimo capitolo “On Nihilism”,
sembrano scomparsi, perlomeno non motivati, in questo film che ritrae
l’Azione come cifra principale e gli effetti speciali come seconda.
Si respira un sapore di saga alla
Star Wars (anche in quelli le stesse “cifre” ne strutturano la
trama). L’entrée trionfale a Zion del Nabuchadnezzar assomiglia
purtroppo all’atterraggio dell’Armageddon nell’omonima pellicola, e non
manca neppure la sfilata finale fra la folla di mendicanti appena
“risvegliatisi” dalla sponde virtuali del Gange. Neo il profeta rifulge di
splendore, quello del “Salvatore”, del curatore di lebbrosi, infettati dal
morbo della speranza mista alla paura: chiedono l’assicurazione per un
futuro senza virtualità e senza Macchine.
Il sermone di un Morpheus in una versione piuttosto simile al Credente del
primo episodio, sottolinea una certa continuità con
Matrix (1999), ma l’estrema
semplicità delle sue parole, l’accolito appello ad una folla in abiti
primitivi al centro di una caverna, ha una sapore scontato, nulla a che
vedere con la Fede dimostrata nel primo episodio. Quello che stupisce molto
è l’ambientazione e la raffigurazione di questa massa informe di umani: una
caverna al centro della terra dove essere umani con o senza borchie (i
risvegliati e la New Generation, i nati a Zion), vestiti di tuniche e
dall’aspetto primordiale, si agitino al ritmo tribal di “Zion” dei Fluke.
Una sequenza che si può osservare, identica nelle scene e nei movimenti, in
Basic Instinct (l’incontro in
discoteca).
La scena del “violino” di Neo e Trinity, denominata così per via della
fotografia artistica che ritraendo il dorso di Neo lo fa apparire come la
cassa armonica di un strumento ad archi è particolarmente felice ma non
salva dalla gratuità di una scena d’amore inserita apposta perché tutti gli
elementi del successo commerciale siano presenti: sex, (drugs) & violence.
L’unione mistica di Neo e Trinity sembra appartenere ad un altro film, ahimè
già visto.
In questa prima parte l’eredità di
Matrix, del primo, sembra (s)perduta, come se un vortice l’avesse
risucchiata e gettata alla deriva dello scontato. L’inquietudine, il dubbio
che traversavano la matrice sembrano esserne stati assorbiti: il Sistema ha
vinto lo scontro con la fantasia, col sogno, con la luce delle vibrazioni
umane tradotte in fili meccanici, riverberate all’infinito da programmi
“periodici”, l’aut aut del sogno ha causato il risveglio. Ed il risveglio
conduce alla morte, la morte negata dall’universo della cultura e della
paura occidentale (cfr. Ariés e Castells), come l’unico spiraglio di
salvezza per un’umanità in pericolo. Matrix è stata ricostruita sei volte:
il prescelto, l’Unico, The One, Neo, è riproducibile: un’anomalia nella
perfezione del flusso di dati, si legge nel discorso dell’Architetto.
Il Consigliere con cui Neo discorre al termine della visita a Zion conduce
ad un’apologia del mondo delle macchine immersa in un clima utilitaristico
quasi da fine ‘800 e di gusto positivista, puntando inoltre il dito su
quanto poco gli umani conoscano delle macchine e del loro funzionamento. Dal
dialogo si deduce una stretta dipendenza degli uomini da esse e, mentre
l’uomo si trova catapultato ad uno stadio primitivo ed a vivere in una
caverna al centro della Terra per aver distrutto il Sole, le macchine sono
in continua evoluzione. L’Intelligenza Artificiale studiata oggi al MIT
(Massachusetts Institute of Technology) dal team di Daniel Dennett ed il
progetto per un robot umanoide, un androide, spiegano come la costruzione di
un’Intelligenza Artificiale (Artifical Intelligence) debba correlarsi e
completarsi con una sua forma organica che la rappresenti e possa
fisicamente riprodurre il sistema uomo in tutte le sue funzioni. Dennett
partirebbe da un androide allo stadio infantile che esperirebbe,
acquisendole gradualmente, le attività umane, auto-potenziandosi
diacronicamente. Questo permetterebbe la costruzione di un cyborg, se si
vuole, che di certo non possiederebbe una “coscienza” ma potrebbe essere
regolato sulle associazioni umane di piacere/dispiacere attraverso
l’attribuzione. Riuscirebbe ad essere molto simile agli androidi di Blade
Runner (1982, Ridley Scott), ispirati dall’”elan vital” umano.
I combattimenti in Matrix Reloaded
sono fondamentali: le scene, arricchite a dismisura, hanno un fascino
stroboscopico che però manca di quella novità e di quella motivazione che li
rende gradevoli ma non godibili. Talmente innumerevoli da stancare gli
occhi, diventano inutili ed incessanti. Lo scontro con Seraph a guardia
dell’Oracolo, per esempio. E le continue sequenze con Smith, agente per
antonomasia dell’omologazione (e riprodotto su scala) rendono conforme anche
Neo nella sua estrema belligeranza.
Gli inseguimenti in auto e moto sarebbero da brivido se si fermassero al
primo e se avessero una motivazione: ovverosia non fossero inseriti a forza
in un film che non si chiama 2fast
2furious.
Il discorso dell’Oracolo verte sullo stesso materiale di quello con
l’Architetto: la consapevolezza di sé e delle proprie scelte, ponendo il
“thy yourself” (Socrate) del primo film come dominante rispetto alle
problematiche della critica alla società omologante e totalitaria di
Matrix. L’Agente Smith con la
sua replicazione infinita pare l’unica proiezione critica, sebbene
inefficace, della società della simulazione su cui dovrebbe reggersi
l’architettura e la motivazione ideologica della trilogia.
Matrix Reoaded è stato
inoltre proiettato il 4 luglio presso il BFI IMAX di Londra nel nuovo
formato IMAX DMR (pellicola da 15/70 mm), che permette nei cinema dotati di
questa nuova tecnologia di rimasterizzare i vecchi film da 35mm, renderli in
digitale e proiettarli su schermi di forma anche semisferica e cilindrica
raggiungendo i 40 metri di altezza, e con una potenza sonora fino a 12.000
watt. I cinema IMAX più vicini in Europa sono a Londra e a Berlino e
l’anteprima, prenotabile solo on line, ha ristretto il target di pubblico ai
477 posti di questo cinema inaugurato nel 1999, anno dell’ uscita del primo
e omonimo capitolo della odierna trilogia di Matrix. Ciò che distingue
maggiormente questi cinema e l’evoluzione della tecnologia IMAX degli ultimi
5 anni è la “tridimensionalità” che ha fatto propendere per un audience
proveniente dalla Rete e consumatrice di articoli relativi alle nuove
tecnologiche e di cinematografia di “genere”. La proiezione di
Matrix Revolution il 5
novembre 2003, sarà in contemporanea in 230 sale IMAX di 32 nazioni diverse
per il lancio di questo ultimo capitolo sebbene già si vociferi un seguito.
1 Jorge Luis Borges, Finzioni, Einaudi, Torino, 1955, p.
54.
2 Simulacra and Simulations from Jean Baudrillard: Selected
Writings, (Ed. Mark Poster, Stanford: Stanford University Press, 1988).
Sito ufficiale:
http://whatisthematrix/
Links e approfondimenti:
Amazon.com: Books: The Matrix and Philosophy: Welcome to the Desert of the
Real (Popular Culture and Philosophy, V.3)
Baudrillard e il simbolismo in Matrix:
http://www.studiperlapace.it/
Matrix e il simbolismo
Voto:23/30
16.07.2003
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